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Il Leone e le tre lance.

 

1) Lancia prima. -la nebbiosa tecnologia-

Il mito, dal greco mythos, è l’antico racconto epico del mondo e delle gesta dei grandi potenti esseri comparsi nel grande quadro cosmico, ma anche delle loro più misteriose o superlative gesta, che cambiarono per sempre le esistenze dei miseri e normali mortali.

La caratteristica principale di ogni narrazione mitologica è sempre quella di star narrando una storia molto più remota di ogni età registrata e documentata dall’essere umano; un’età mitologica di grande splendore, o di tragedie sanguinose, ma sempre riguardante il grande attaccamento al divino dell’essere umano, che, al contrario delle età a venire, spesso tramite la venerazione gli dèi era in grado di ottenere immediate risposte astrali e cosmiche da parte loro.

Ne si trae quindi la conclusione che il mito faccia enfasi su una scintillante, arcana ed astrale condizione persa dagli uomini da tempi indeterminati, constatabile dai numerosissimi racconti sulla nascita del genere umano, sull’apoteosi ed altre volte ancora sulla nascita di bambini che riuscirono ad ereditare sia aspetti che condizioni divine umane, ovvero i semidei.

 

Ma con una vita così tanto offuscata dalle tecnologie e dal progresso, come possiamo credere che i miti dei grandi dèi o degli invincibili uomini siano vicini ai nostri problemi ed alla nostra essenza? 

La verità è che quello di cui stiamo parlando non è un semplice e fantasioso costrutto dell’uomo… ma è direttamente la sostanza dell’uomo, l’uomo che pensa alla misura di quello a cui dovrebbe aspirare; la scienza di quello che dovrebbe temere; la sua ipotesi sulla più intima essenza della realtà; ed anche un semplice e puro intrattenimento per compensare talvolta ciò che è la sua pigra, noiosa, e solo apparentemente, priva di significato vita.

Dunque potremmo certamente dire che il mythos non rappresenti solo la volontà primordiale dell’essere sociale di conoscere e comprendere la sua vita e l’intera realtà; ma anche la schiusa intellettuale e culturale dell’animale evoluto che nei miti arriva a metterci la sua opinione sullo stato di natura, del divino, dell’uomo e sulle loro mortali sofferenze, basandosi talvolta molto anche sui problemi posti dall’ecosistema circostante e sull’aspetto ecologico del vivere suo. 

In conclusione, possiamo affermare che noi, come umani, ci siamo sempre relazionati al mito, in ogni epoca e tempo abbiamo sempre avuto problematiche narrate nei miti o gioie che un mito ha descritto, poichè in realtà sia sempre stato al nostro fianco, utilizzato dalle nostre religioni e filosofie, creando ispirazioni per i nostrani autori di contenuto intellettuale, terrorizzando le nostre flebili menti fin dalla più giovane età, ma soprattutto, che abbia dato colori alla vita ed alle relazioni mortali e divine dell’essere umano, senza le quali non potrebbe vivere.

In pratica, il mito non è soltanto un figlio della cultura dell’uomo, ma una manifestazione fugace di se stesso e della sua emotività e spiritualità, senza la quale non sarebbe capace di vivere in quanto non sarebbe capace di vivere pienamente la sua vita non provando dal profondo del suo cuore emozioni vivaci, terribili e fugaci.

 

Lancia seconda. -l’impostore-

Ma come mai moltissime persone nella sfera sociale moderna tendono a credere che il mito sia un qualcosa di falso sempre creduto vero? Non dovrebbe solo essere una storia? Detto questo, è tempo di fare luce e cercare di rimuovere la seconda lancia che ha contribuito a sottomettere il nostro mito/leone, ovvero il fraintendimento della massa sulla vera definizione della parola “mito”, che spesso viene confusa con la “credenza sbagliata” o “errore antico popolare”. 

Errore piuttosto facile da compiere, ma abbastanza grave per almeno due ragioni.

In primo luogo, la definizione con la quale il vero significato di mito viene confuso non era quello che intendevano i greci ed i popoli antichi, in quanto consideravano i miti come storie fantastiche ed epiche, che parlavano del mondo con una certa moralità e spiritualità, dando un insegnamento quasi sempre collegato alla moralità e a pensieri esoterici, che venivano nascosti da concetti essoterici, affinché potessero collegarsi meglio alle persone ed essere utilizzati più efficacemente dalle filosofie, culti e religioni.

Facendo un esempio, il grande filosofo greco Platone, o Alcibiade per gli appassionati della filosofia, nella Repubblica fece dei miti suoi personali mezzi per accedere alla parte più sentimentale ed irrazionale dell’essere umano, riuscendo quindi a penetrare dentro gli individui riuscendo a comunicargli l’incomunicabile, o semplicemente ciò che era arduo o importante da comprendere.

Più o meno anche lo stesso pensiero che Socrate aveva sul mito, poiché anch’egli lo considerava un ottimo veicolo per entrare nelle sfere emotive delle persone più facilmente, al fine di farle poi assaggiare significati profondi di vario genere e specie.

In secondo luogo, analizzando la grammatica, scopriremo che mentre il mythos ha per sinonimi parole come “storia” e “leggenda”, il suo impostore ha in realtà il sinonimo di “errore” in funzione di un’abitudine ritenuta falsa, mostrando quindi la sua vera faccia: la seconda definizione di mito non parla di tempi passati ne di un piano astrale pensato dagli uomini, ma bensì di un qualcosa prettamente materiale e creduto vero.

A questo punto il vero significato di “mythos” dovrebbe dunque essere quanto meno riconoscibile: esso è semplicemente una storia antica, che per mezzo di narrazioni fantastiche e soprannaturali, cerca di spiegare la natura o di raccontare le gesta di umani che incontrano le forze metafisiche del divino.

Lancia Summa. -il nuovo paradigma-

Infine, trattando l’ultimo ostacolo e finale lancia che ha trafitto il cuore del mito, ci scontreremo con l’argomentazione della relazione tra la scienza e lo stesso il mito. Ebbene, come mai dovremmo considerare una storia che parla delle origini della vita e delle specie in modo fantasioso anche solo di piccola importanza? Essa d’altronde non è vera in gran parte. Solitamente questa domanda sembra essere supportata, da occhio inesperto, dal carattere grandioso ed assurdo del mito, che non lascia di certo spazio a spiegazioni scientifiche, le quali tuttavia possono essere spiegate logicamente e anche provate in maniera empirica.

Creando una storia su una ipotetica situazione di questo stampo: mettiamo che due amici, Idoclo e Tullio, un fisico ed un filologo, in una strana giornata passata a guardare il sole bruciandosi gli occhi, si misero, a discutere dei miti e della loro essenza. 

Tullio finì per raccontare nella discussione di una delle caratteristiche principali del mito proto indoeuropeo di creazione: l’animismo estremo, poichè nel mito di creazione in questione il cielo e la terra da quegli antichi popoli vennero considerati esseri viventi e senzienti, tanto da dare origine alla vita con il loro distaccamento, altra peculiarità ricorrente in tantissimi miti di creazione delle religioni indoeuropee. Ma appena Tullio finì il suo discorso, lo scienziato Idoclo si scaraventò su di lui accusando il mito di essere una fantasia e che gli antichi fossero degli ingenui sognatori e che non potessero vedere la realtà per com’era; a tali parole l’umanista Tullio gli rispose che la concezione del mito fosse stata veicolata da un fattore molto più importante della semplice fantasia, detto questo egli proseguì e concluse la discussione con l’insegnargli i valori esoterici e spirituali che la storia conteneva, valori che risiedevano in una visione della realtà in maniera energetica, misteriosa ed emotiva alle volte, e quindi altrettanto valida.

Pertanto, volendo rispondere a questo quesito all’apparenza senza vie di fuga, il mito ci offre un’altra visione della realtà che può farci riflettere sulla nostra esistenza con maniera emotiva e misteriosa, nonostante non sia capace di spiegare empiricamente la realtà ma di nasconderla in parte sotto un velo di epicità al massimo.

 

Leone liberato

In conclusione, il mito è uno strumento che non solo permetterà sempre all’uomo di condividere più facilmente la realtà con i suoi simili, ma si tratta anche della sua manifestazione più intima. E pertanto liberare l’intrepido leone da quelle tre funeste lance significa semplicemente ricongiungersi al mito per quanto bello esso sia e per quanta bellezza ed ordine alle generazioni a seguire esso possa dare al mondo circostante, se narrato bene.

Alfredo Bonelli