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“Microplastiche disperse nell’ambiente sono un grosso problema”: una frase che viene spesso ripetuta dai media, ma difficilmente ci si sofferma davvero a pensare su cosa sia una microplastica.

Si tratta di particelle di plastiche di diversa composizione con dimensioni comprese tra i 330 micrometri e i 5 millimetri, cioè sono piccolissime; derivano dalle pre-produzioni, dalle fibre tessili o dalle microsfere abrasive (microplastiche di origine primaria), oppure provengono dalla disgregazione di rifiuti più grandi da parte degli agenti fisici (microplastiche di origine secondaria).

Un dato allarmante: le microplastiche sono sempre più diffuse nell’ambiente, disperse negli ecosistemi marini (trasportate da corsi d’acqua e scarichi sono sempre più presenti anche nei laghi) e terrestri; quello da microplastiche è un inquinamento tanto difficile da quantificare quanto praticamente impossibile da rimuove totalmente dall’ambiente. 
Le microplastiche una volta che raggiungono l’acqua si disciolgono in piccoli frammenti a causa di diversi processi chimici o fisici: dall’effetto dei raggi ultravioletti al vento, dalle onde ai microbi e alle alte temperature; a prolungarne il processo di trasformazione in
microplastica concorrono anche gli additivi chimici utilizzati durante la produzione che conferiscono ai materiali determinate caratteristiche, come l’impermeabilità, quindi è difficile dire con precisione quanto tempo un singolo frammento impieghi a diventare una microplastica.

Si trovano in molti oggetti all’apparenza innocui, parte della nostra vita quotidiana, dagli esfolianti per pelle al dentifricio, alle lenti a contatto che spesso vengono buttate negli scarichi.

Un fenomeno sempre più urgente 

Il numero delle microplastiche prodotte sta aumentando drasticamente; per esempio, nel 2017 l’ONU ha dichiarato che ci sono circa 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia.

Le microplastiche sono un pericolo per l’essere umano, quelle presenti in mare vengono inghiottite dagli animali marini e, attraverso la catena alimentare, la plastica ingerita dai pesci arriva direttamente nel nostro cibo e in noi di conseguenza.

Recentemente sono state trovate microplastiche anche in organi vitali umani, oltre che nelle feci, sono state trovate negli alimenti e nelle bevande, compresi birra, miele e acqua del rubinetto.
Gli effetti sulla salute sono ancora ignoti, ma spesso la plastica contiene degli additivi, come agenti stabilizzatori o ignifughi, e altre possibili sostanze chimiche tossiche, che possono essere dannosi per gli animali o gli umani.
Un esempio del livello drammatico dell’inquinamento delle microplastiche è rappresentato dal caso di una città, nei Pirenei francesi, dove è stato scoperto che piovono dal cielo minuscoli pezzetti di plastica. La scoperta ha sollevato la questione su quanto sia esteso il
problema. Sui Pirenei francesi gli scienziati hanno registrato una media giornaliera di 365 particelle di microplastica per metro quadrato.

La microplastica sembra essere onnipresente nell’aria. Oltre la metà delle microplastiche trovate nella stazione meteo erano frammenti di dimensioni inferiori ai 25 micron. Per risalire alla fonte di queste microplastiche i ricercatori hanno studiato la direzione dei venti, ma non hanno trovato alcuna fonte nel raggio di 100 chilometri, in quella che è una regione scarsamente popolata e senza attività industriali, commerciali o agricole di grandi dimensioni.

Tuttavia, sembra che la natura abbia trovato un sistema particolare per risolvere, almeno parzialmente, il problema delle microplastiche nei fondali. Un gruppo di ecologi ha scoperto che i mitili eduli (Mytilus edulis), molluschi bivalvi, parenti stretti delle nostre cozze,

“sequestrano” le microplastiche dall’acqua in cui vivono e le immagazzinano nelle loro feci. Questi molluschi non solo sono “immuni” alle microplastiche, ma dopo averle ingerite le impacchettano insieme al resto delle sostanze di scarto del loro pasto e le intrappolano. Le feci sono più facili da individuare e pulire e il mitile rende le particelle innocue nel breve periodo; i mitili eduli si sono dimostrati in grado di assorbire fino a due terzi delle microplastiche presenti in acqua, il contributo dei singoli esemplari è relativamente modesto (circa 240 particelle di microplastica al giorno), ma, secondo lo studio, aumentando la concentrazione di mitili in un’area si potrebbe arrivare a cifre decisamente più interessanti: fino a 250.000 particelle all’ora.

Insomma, quelle delle microplastiche è un problem aurgente, che dobbiamo affrontare come specie, per non compromettere ancor di più il fragile equilibrio ecologico.

Gaia Cogerino

Gaia Cogerino studia nella V scientifico del liceo del Collegio Sacra Famiglia, nel quale ha studiato per 15 anni. 

Grande appassionata delle Scienze e della natura, ama lo studio per amore della conoscenza, sia delle materie classiche che di quelle scientifiche. Le piace osservare al microscopio, fare esperimenti scientifici, la tecnologia in genere, giocare ai videogiochi, viaggiare, dipingere miniature, leggere libri Fantasy e di Fantascienza e  ascoltare musica metal. Ha particolare attenzione per l’ambiente, attenzione che mette in pratica anche attraverso l’upcycling, creando oggetti di uso e gioco con materiali di recupero; considera essenziale il rispetto degli altri e delle regole, trovandosi a suo agio in un ambiente multiculturale, perché propensa ad ascoltare gli altri e se può cercare di aiutarli.

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